Se non si è psicologicamente separati dai “genitori primordiali”, archetipici, non sarà possibile entrare in una relazione pienamente adulta con loro e sarà difficile superare la paura di cambiare ciò che non va nella propria esistenza; tuttavia il timore della trasformazione appartiene più o meno a tutti, in diverse fasi dello sviluppo e con diverse modalità, basti pensare alla continua apprensione nei confronti del futuro, alla cura con cui gestiamo il presente per evitare imprevisti futuri; a come ci impediamo grossi sconvolgimenti emotivi, magari con comportamenti preventivi, oppure alla riluttanza di fare scelte rischiose. Ma forse il più grande rischio che possa correre l’uomo è proprio quello di non voler rischiare mai. Nella mia esperienza clinica ho potuto osservare che molte persone con disturbi funzionali,con dolori cronici o altro,(sindrome da stanchezza cronica, fibromialgia, sintomi psicosomatici, attacchi di panico, depressione,ecc), vivono come all’interno di una “bara di vetro” per non rischiare di fare scelte in sintonia con la propria anima, vivendo così in una pesantezza “plumbea” tanto da far fatica a camminare, quindi con una compromissione della relazione con il mondo circostante. La bara come contenitore che, da un lato protegge dai pericoli che sono lì fuori il mondo, dall’altro soffoca il proprio sviluppo, soffocando la voce ovattata nella bara sigillata, così che questa voce non può essere udita. Forse bisognerebbe affidarsi al proprio angelo interiore, a quel messaggero, a quella preziosa risorsa psichica che Sandor Ferenczi chiamava Orpha, la quale ci potrebbe aiutare ad orientarci in modo più vantaggioso al di fuori della bara di vetro.
Dott. Marco Franceschini