Una volta chiesi ad un signore anziano perché non avesse salutato il vicino di casa incontrato in una circostanza conviviale. Risposta: ”Non l’ho mai potuto sopportare”. Talvolta rimproveriamo il nostro anziano padre per la sua stoltezza. I nostri padri anziani, hanno la “licenza” a non dover essere ipocriti. Per loro le convenzioni perdono di importanza. Come afferma Guggenbuhl-Craig (psichiatra junghiano): “la persona anziana non è obbligata a diventare stolta, ne ha facoltà. Vogliamo a tutti costi che nostro padre, nonostante l’anzianità, continui ad essere attivo, a muoversi costruttivamente e razionalmente. Non sia mai che lo “pizzichiamo” a oziare in poltrona o su una panchina dove il suo sguardo si perde coltivando i ricordi. Allora facciamo di tutto per “attivarli”. Se non tornano a essere utili per la società con attività anche banali, allora diventano ai nostri occhi, dei poveri malati di depressione senile, ai quali nel migliore dei casi va offerta compassione. Ma questo è un nostro pregiudizio. Il padre anziano può anche continuare a lavorare, ma l’importante che lo fa senza scopo; non per guadagnare o per mantenere una posizione di prestigio sociale, ma solo per ricavarne piacere! Se l’immaginario del padre anziano e un po’ stolto venisse invece valorizzato, non avremmo più figli che si vergognano quando il padre si mette a sparlare e esporre idee che non hanno più senso (per noi) da cinquant’anni. Malattie, acciacchi e, infine, la morte, hanno il permesso di riempirli di paura: l’obbligo di dimostrare eroismo non è più richiesto. Per un padre anziano, la paura e la stoltezza non deve essere una vergogna! Lasciamoli dunque di “essere pazzerelli in piena libertà”.
Dott. Marco Franceschini