E’ un po’ di tempo che mi domando perché è così diffuso il timore di intraprendere un percorso psicoanalitico e perché la psicologia junghiana non viene vista di “buon occhio” come le altre “psicoterapie” dalla comunità accademica, anche se allo stesso tempo è quella più “attraente” e che allo stesso tempo suscita interesse. E poi, guarda caso,è molto in auge la cosiddetta “psicoterapia cognitivo-comportamentale”, nonostante le ricerche abbiano dimostrato l’inefficacia nel lungo termine. Eppure, nel sentire le opinioni delle persone, sembra ci sia una certa consapevolezza sul fatto che qualsiasi sintomo, accidente, malattia e quant’altro dipende da qualche aspetto inconsapevole (Ombra) che non essendo riconosciuto a livello cosciente emerge in modo sintomatico, appunto. Ma di fatto si preferisce prendere qualsiasi scorciatoia per evitare il confronto con quello che Jung chiama Ombra o che Hillman chiama figure archetipiche…i daimon. Così, si preferisce percorrere svariate strade alternative: psicoterapie cognitive, medicina alternativa, omeopatia, diete, meditazione, chirurgia e medicina estetica, religioni orientali, Yoga, droghe, viaggi, massaggi e svaghi di ogni genere che conosciamo tutti…la lista è ormai infinita. Tutte queste strade alternative però, non sono altro che modalità letteralizzanti di affrontare la psiche e le figure archetipiche che ci governano. Con questo non voglio dire che queste discipline, attività o rimedi non siano validi o giusti, tutt’altro. Anch’io per esempio prediligo l’omeopatia, quando possibile, ma come alternativa alla medicina convenzionale e non come alternativa alla conoscenza di se stessi, così come per le altre attività. Eppure, uno dei fondatori della medicina psicosomatica R. Dahlke, direttore di una clinica a Monaco, ritiene che per comprendere qualsiasi malattia, oltre all’aspetto medico bisogna affrontare l’Ombra, condizione questa, necessaria per una eventuale vera guarigione che è differente da una cura. Comunque, come già intuito da Jung, il confronto con l’inconscio, ovvero con l’Ombra, è per l’uomo un’esperienza talvolta angosciante, nonostante questo porta verso una completezza, ma implicherebbe anche un “diverso modo di vedere”. Allora forse, la difficoltà nell’affrontare un percorso analitico risiede nel fatto che l’angoscia che scaturirebbe dal confronto con l’Ombra è superiore al desiderio di guarire.
Dott. Marco Franceschini