Introduzione alla definizione di psico-somatica
“Il corpo è l’oggetto psichico per
eccellenza, il solo oggetto psichico.
(J.P.Sartre, L’essere e il nulla)
La parola psico-somatica è composta da due dimensioni in relazione tra di loro quindi con un confine, ed è su questo confine che si esprime il misterioso passaggio, tra le configurazioni neurali e le immagini, tra gli aspetti psicologici e organici. E’ un po’ lo stesso confine tra psiche e materia? Abbiamo accennato a qualcosa di misterioso, dunque. Ma non è forse vero che tutto ciò che è misterioso, l’uomo lo ha sempre visto come numinoso? Come qualcosa di divino? Talmente incomprensibile da essere proiettato in alto verso la ragione? Sul dizionario Treccani, leggiamo: “la psicosomatica attiene al campo della medicina e della psicologia che studia disturbi e malattie fisiche i quali sarebbero prodotti o favoriti da fattori di ordine psicologico ed emozionale”. Il modello psicosomatico è espressione di una unità indivisibile della persona umana, ma allo stesso tempo fa riferimento a una profonda diversità esistente tra funzioni somatiche e funzioni psichiche. A partire dalla metà del 20° sec. si è aperto un dibattito su quale sia l’epistemologia competente a tale campo controverso della scienza. Si può ritenere che tale sfida epistemologica lasci dietro di sé un solco aperto che divide la psichiatria dalla medicina e la psicologia dalle neuroscienze. Nel pensiero freudiano, il problema mente-corpo si pone originariamente all’interno della distinzione di due diverse direttrici: cioè tra sintomi dell’isteria, intesa come quadro clinico comprensivo di alcune manifestazioni somatiche e di un conflitto a livello inconscio, e nevrosi attuale, caratterizzata da quadri sintomatologici più o meno strutturati in modelli somatici direttamente conseguenti a insoddisfazioni di bisogni emergenti, non rappresentabili e pertanto privi di contenuti simbolici sottostanti. La direttrice interpretativa più seguita è quella dei fenomeni psicosomatici come sintomi della nevrosi attuale, e quindi come equivalenti di angoscia. Sigmund Freud sostiene che lo stato di angoscia può essere «rappresentato da un unico sintomo: un tremito, una vertigine,una palpitazione cardiaca, un affanno. Tutti questi stati che noi descriviamo come equivalenti di angoscia vanno equiparati all’angoscia sotto tutti i riguardi clinici ed etiologici» (Introduzione alla psicoanalisi, 1915). Da queste premesse si originano numerose correnti di pensiero, che giungono a ipotizzare come l’organizzazione psicosomatica sia una regressione alla fase mentale indifferenziata originaria dello sviluppo somatopsichico, che da taluni autori (Max Schur, 1955, e Peter L. Giovacchini, 1963) viene considerata come matrice dei processi somatici e psichici.