“Più ci si inoltra nella comprensione della Psiche, più occorre essere cauti con la terminologia, perché è stata plasmata dalla storia e dai pregiudizi. Più si penetra nei problemi di fondo della psicologia, più ci si accosta a idee che sono segnate da pregiudizi filosofici, religiosi e morali. Ecco perché dobbiamo trattare con estrema prudenza certe cose”. (C.G. Jung) Questa riflessione di Jung rappresenta uno sfondo sul quale possiamo disegnare qualsiasi cosa, fino a far scomparire dalla vista lo sfondo stesso, ma allo stesso tempo far emergere la consapevolezza che è proprio da questo sfondo che prende origine il nostro disegno. E questo sfondo sul quale l’uomo ha costruito la propria realtà, così come se la rappresenta e se la “racconta”, modificandola e manipolandola nel tempo, si chiama storia, origine della coscienza. Bisognerebbe quindi rendersi conto che le formulazioni teoriche insieme alla loro terminologia, possono essere plasmate dai pregiudizi dell’epoca di riferimento e non solo. Anche la terminologia utilizzata e la concettualizzazione di ciò che costituisce il tema teorico, risente di questi pregiudizi. Jung quindi suggerirebbe la necessità di un lavoro che vada all’essenziale. Senza questo fondamentale lavoro di base accetteremmo inconsapevolmente moltissime ipotesi e relative teorie, plasmate da pregiudizi non solo di natura logica, ma anche di natura religiosa, filosofica ovvero epistemologica che inevitabilmente presiedono all’agire umano. Il pericolo non starebbe soltanto nella mancanza di accuratezza teorica o di efficacia clinica, ma soprattutto, ritengo, nell’adozione inconsapevole, di una struttura teorica complessa la cui origine e le cui implicazioni ci sono ignote.
Dott. Marco Franceschini